Martedì 23 luglio. La mattina inizia presto. Alle 7.00 mi incontro con il marito della signora che gestisce l’ostello dove alloggiamo. Ha fatto informatica, si occupa della contabilità della struttura e dopo un breve scambio nei giorni scorsi sull’informatizzazione della contabilità, facciamo ora un un corso intensivo sulla costruzione di un sito per la struttura dove alloggiamo: la scelta e la registrazione di un dominio, i servizi da acquistare (hosting, email), l’installazione di una piattaforma per la gestione dei contenuti (CMS, WordPress), la creazione dei contenuti, la personalizzazione della grafica.
Dopo una colazione come si deve (con pane, una focaccia tipica di qua, cipolla, pomodori, avocado, caffè,…), partiamo per il villaggio dove vive il nonno materno di Valentin. Per strada ci fermiamo a comprare delle bibite gasate per l’incontro, altrimenti ci offriranno succo di banana (se ho capito bene si tratta di birra di banana). Il primo negozio dove ci fermiamo ha solo Coca-cola, il secondo ha solo Sprite. Nessuno ha Fanta. Allora Capitaine compra due cassette di bibite e per strada cambia una cassetta presso il magazzino centrale, in modo da avere un po’ di scelta. Dopo pochi chilometri lasciamo la strada asfaltata e imbocchiamo una strada sterrata in mezzo alle piantagioni di tè. Le distese sono una meraviglia per l’occhio. Ci fermiamo per fare delle fotografie. Incontriamo i lavoratori che stanno togliendo l’erbaccia tra le piante. Più tardi vediamo altri lavoratori che stanno raccogliendo le foglie e la sera li vediamo con i loro sacchi là dove ci sono le tettoie: fanno i conti della giornata. Pesano quanto raccolto. Sono pagati a cottimo. Un camion carica le foglie per portarle alla fabbrica.
Dopo un bel po di strada, a tratti molto dissestata con buchi, pietre e ponticelli in legno e dopo aver incontrato per strada bambini che raccoglievano la legna e anche qualche conoscente, arriviamo finalmente nel villaggio.

Stiamo subito al centro dell’attenzione, se non altro per il colore della nostra pelle. Soprattutto i bambini ci guardano, ma rimangono incuriositi e un po’ impauriti ad una distanza di sicurezza.
L’accoglienza è calorosa. Sono nove anni che Valentin è partito. E’ il primo dei fratelli a tornare e visitare i parenti. La visita precedente di una della sue sorelle risale a quindici anni fa ed era a Nairobi…
Entriamo nella casa semplice. Chiara e Valentin vanno a vedere la mucca e l’orto. Una dopo l’altra entrano le zie e altri parenti, ma anche i vicini si sono auto-invitati. Ovviamente non sono in grado a distinguere chi è parente e chi è vicino.
Io cerco di cavarmela con il francese, ma solo qualche anziano capisce qualcosa. La gioia è palpabile. Capitaine chiama via WhatsApp i parenti a Bruxelles e si avviano una serie di videochiamate. Per qualcuno è la prima volta che vedono queste meraviglie tecnologiche. Anche Valentin chiama le sorelle e altri incuriositi si avvicinano e seguono la conversazione.



Ci offrono qualcosa da mangiare. La porta viene chiusa “per rispetto degli ospiti”: qualcuno del villaggio è venuto perché ha saputo che si mangiava. Quando c’è una festa bisogna sempre calcolare il triplo di persone rispetto agli invitati. L’avevo già notato in occasione delle ordinazioni delle settimane scorse.

Esco a giocare con i bambini che pian piano familiarizzano. Faccio un po’ di scena muovendo le orecchie, facendo le mosse con il “filo invisibile” e muovendo i due occhi verso l’interno. Mi sento un po’ pagliaccio. Chiara distribuisce caramelle e lecca lecca. Dobbiamo insegnare che si toglie la carta… si aggiungono anche alcuni adolescenti per vedere lo spettacolo. Qualcuno è audace e si mette accanto a me per fare una foto. Gli metto il braccio sopra le spalle. Il giaccio è rotto. Inizia una sessione fotografica alla quale si aggiungono anche gli adulti. Alla fine sembra che quasi tutto il villaggio si sia riunto dal nonno di Valentin.

Quando partiamo sono in tanti a salutarci. Non riesco ancora bene a distinguere i parenti, ma saluto le persone che ho visto mettersi sulla foto di famiglia. Partiamo per andare a vedere la scuola di Valentin.
La scuola è rimasta la stessa. Qualche indirizzo è cambiato pare che non ci sia più lo scientifico. Visto che c’è anche l’agricolo, annesso alla scuola c’è una fattoria e un orto molto grande, sia per provvedere all’alimentazione – gli alunni sono interni – sia per l’indirizzo di studio. Troviamo il prof di educazione fisica e il direttore degli studi che si ricordano di Valentin. Sono rimasti anche in contatto su Facebook. Visto il suo debole per gli animali, Chiara vuole visitare le stalle. Ci sono i maiali e i maialini, le pecore, le capre, le galline, le mucche, ecc.
Partiamo per Cyangugu. Andiamo a trovare la signora grazie alla quale Valentin è potuto entrare nella scuola che ha frequentato (lo avevano mandato ad un istituto molto più lontano e non della stessa qualità), ma prima del buio vediamo ancora il lago e andiamo fino alla frontiera con il Congo. Dall’altro lato del fiume a meno di 200 metri vediamo Bukavu.
La Signore ci accoglie calorosamente. E’ una donna sorridente e gioiosa. Facciamo conoscenza. E’ una cara amica della mamma di Valentin e ha conosciuto tutti i figli perché lavorava al comune vicino a casa solo. Ci chiede delle nostre impressioni sul paese. Arriva anche il marito che è medico ocullista. Ci racconta che fanno parte dell’Equipes Notre Dame. Hanno quattro figli. Ne conosciamo uno che ha appena finito la scuola secondaria e andrà a studiare ad Ottawa. Solo dopo vengo a sapere che vuole studiare informatica…
Siamo molto stanchi della giornata piena di incontri, emozioni, esperienze. Il nostro instancabile autista, Capitaine, ci riporta “a casa” a Nyamasheke. Deo gratias.
Che bello!
Mi sembra di essere lì con voi!